“Alex” – una breve recensione

   Così come l’ho letto, segnalo volentieri il romanzo “giallo” Alex di Pierre Lemaitre. Chi è? Dopo una carriera consacrata all’insegnamento della letteratura e della comunicazione, Pierre Lemaitre è oggi un romanziere francese di successo, oltre che sceneggiatore per cinema e tv. Ha scritto thriller e polizieschi assai violenti, e tra i suoi ascendenti letterari si fanno i nomi di James Ellroy e Bret Easton Ellis. Forse anche il nome del suo detective (che ricorre già in una trilogia, Alex compreso), ossia l’anomalo comandante di polizia Camille Verhœven (ma nei poliziotti dei romanzi l’anomalia è la norma) ammicca forse al regista olandese di Total Recall e de Il quarto uomo, Paul Verhoeven, noto per la crudezza estetica delle sue immagini e la violenza delle storie.
   Si potrebbe catalogare Alex come una variante del genere “uomini che odiano le donne” (cui per molti versi appartiene anche l’ultimo Murakami). Nel recensirlo mi allontano però dal vezzo così diffuso ma incomprensibile (tanto più quando si tratta di un giallo) del riassumerne pedantemente la trama – ciò che accade ormai non solo nelle recensioni, ma addirittura nelle copertine dei libri. Il romanzo di Pierre Lemaitre è bello proprio perché il suspense della storia nasconde il gioco disinvolto e sapiente con le strutture narrative. Agli antipodi della solita piatta sceneggiatura mascherata da romanzo, dietro il thriller avvincente l’autore ci srotola nelle tre parti di cui si compone il romanzo l’analisi di un evento e di un personaggio che non cessa di sorprendere, cambiando ogni volta elegantemente punto di vista. Affibbiando al lettore il difficile ruolo di testimone, insegna la differenza, ma anche l’intercambiabilità, tra vittima e carnefice. Magari i giallisti italiani imparassero un po’ di questa complessità.

(una versione ridotta di questa recensione appare su l’Unità di domenica 13 novembre 2011)