Ieri mattina, seduto al Big Star di Trastevere dopo tanto tempo che non stavo a Roma, che non stavo in un bar e che non leggevo un giornale, ho scritto di getto questa poesia, che a suo modo è un reportage dalle pagine del giornale… Ah, la poesia inizia dopo le frasi tra parentesi quadre, anche se le comprende. Un saluto e un sorriso, b. s.

C’è sempre la foto di uno che guarda
[Le immagini dell’anno che finisce, pubblicate sul giornale alla fine di dicembre, sembrano le stesse pubblicate l’anno precedente, oppure dieci, quindici anni prima. Il senso di saturazione delle immagini del mondo diventa più forte alla fine dell’anno, quando i giornali fanno una specie di festival del selfie, di ciò che da sempre hanno già pubblicato]
c’è sempre la foto di uno che guarda,
indica un punto all’orizzonte
c’è sempre uno che grida in bianco e nero, la bocca
aperta, spaventata
c’è sempre quello che si bacia con un’altra, o con un altro, che lo bacia,
a sua volta, che la bacia, mentre tutti li guardano,
oppure senza che nessuno li guardi
c’è sempre uno in primo piano che solleva una bandiera, uno stendardo, una cosa, le braccia sopra la testa,
c’è sempre la foto di quello vicino al fuoco che divampa,
o di quello che brucia (che arde)
c’è sempre quello che corre con la figlia o il figlio sulle spalle
e ci sono sempre quelli di schiena che guardano il mare sporco,
il mare bello, il mare coi soldati sulla spiaggia
e le rovine, c’è sempre il palazzo sventrato, il grattacielo
annerito dal fumo, le crepe nei ghiacciai
che si sciolgono staccandosi dal sonno creduto perenne,
il bosco che arde (che brucia) e la gente di spalle che lo guarda,
c’è sempre un Presidente che cammina mano nella mano
con una donna, e sorride, e un attore che si sposa, che sorride,
c’è sempre qualcuno che piange, come un bambino in bianco e nero con un carrarmato sullo sfondo
c’è sempre un adulto con la maglietta sportiva sullo sfondo di detriti sollevati da un’esplosione, e ci sono sempre altri adulti con una maglietta sportiva che applaudono, alcuni con il pugno alzato,
c’è sempre uno con la faccia perplessa, e un altro di cui si vede solo
la nuca e il vuoto davanti, il vuoto all’orizzonte,
quello che annega nell’acqua azzurra, o sembra che anneghi,
c’è sempre una città che brucia sullo sfondo, il fumo nero
che come un fiume scorre verso l’alto e poi scompare,
le fiamme che divampano, o forse
sono i fuochi d’artificio che colorano la festa, la festa
dell’ultimo anno nuovo, magari il penultimo