Due o tre parole che ho conservato di B. B.

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Nella mia lunga amicizia con Bernardo Bertolucci non sono mancate occasioni in cui abbiamo interpretato il ruolo dell’intervistatore e dell’intervistato. Ne ripropongo tre, in ordine cronologico inverso.

Quella più rilassata e svagata, zigzagante come una vera e propria libera conversazione, del 2010, uscita su Venerdì di Repubblica (la mia preferita):

Talking blues & movies. Conversazione con Bernardo Bertolucci

Quella uscita su la Repubblica nel 2006 per il trentennale di Novecento:

“Tutto è partito dal rito del maiale”

Infine quella forse più “politica” uscita nel 2001 sull’Unità, prima ancora che iniziasse a girare Dreamers (e in effetti un’altra intervista seguì all’uscita di quel film):

Incontro con Bernardo Bertolucci

Annoto e ricordo tutto questo per nostalgia, nostalgia della sua voce, della sua voce privata, della ricchezza e agio delle nostre chiacchierate, delle sue battute di spirito, dei suoi racconti, del suo senso dell’umorismo, della sua capacità di recitare poesie a  memoria, etc.  Come ho già detto oggi troppo volte, la vita è diventata più povera e io mi sento molto, molto più solo. (Anche l’idea che non leggerà più quello che scrivo mi è, egoisticamente, insopportabile).