(l’Unità, 1-9-06)
“Il pittore ‘apporta il proprio corpo’, dice Valéry. E, in effetti, non si capisce come uno Spirito potrebbe dipingere. E’ prestando il suo corpo al mondo che il pittore cambia il mondo in pittura […], il corpo operante e attuale, quello che non è un pezzo di spazio, un fascio di funzioni, ma un intreccio di visione e movimento”. La citazione è di Maurice Merleau-Ponty, il celebre autore de La fenomenologia della percezione, tratta da una meditazione sul corpo, la visione e la pittura che porta al cuore dell’estetica la lezione della fenomenologia di Husserl. Ma porta anche a centro della vita vissuta, quella della fisicità e de corpi, la filosofia, invitando la scienza a situarsi allo stesso modo nella “storicità primordiale” del (nostro) corpo sensibile, attuale e presente, il cui risveglio avviene soltanto quando con esso si risvegliano “i corpi associati”, gli “altri”, quelli “della propria specie, del proprio territorio del proprio ambiente”. Non stupisca allora questa citazione per introdurre una questione rigorosamente scientifica che da qualche tempo attrae anche i non specialisti, ovvero la portata della scoperta dei cosiddetti mirror neurons, o “neuroni specchio”.
La scoperta, tra le più importanti degli ultimi anni nell’ambito della neurologia, si deve al gruppo di neuroscienziati che lavora nel dipartimento di neuroscienze dell’università di Parma, diretto dal prof. Giacomo Rizzolatti, che dei neuroni specchio è co-scopritore negli anni ’90 insieme al più giovane Vittorio Gallese. I “neuroni specchio” sono cellule che si attivano quando osserviamo un nostro simile che compie una certa azione gestuale, quasi allo stesso modo che se fossimo noi stessi a compiere quell’azione quel gesto. Se tra le ipotesi e le conseguenze teoriche dell’individuazione di queste cellule neuronali vi è addirittura la possibilità di toccare la radice biologica del sentimento dell’“empatia”, già il fatto di provare che la conoscenza sia radicata nell’osservazione degli altri, e quindi non solo nel proprio corpo, ma in un contesto in cui un ruolo attivo lo rivestono i corpi degli altri, è sufficiente ad interessare non solo la scienza, ma anche tutte quelle discipline che dialogano oggi nell’ambito della “biopolitica”. Come ha osservato Vittorio Gallese in un’intervista a Felice Cimatti (su “il manifesto”), “questo contributo delle neuroscienze può essere importante nel suscitare nuove riflessioni in ambito etico, politico ed economico. Perché ha messo in luce come la reciprocità che ci lega all’altro sia una nostra condizione naturale, pre-verbale e pre-razionale”. Ecco come la scienza sembra oggi raccogliere non solo l’invito a situarsi che oltre mezzo secolo fa le rivolgeva, tra gli altri, Merleau-Ponty, ma anche la sfide che l’etica ha posto al primato dell’ontologia, rivendicando (si pensi a Emmanuel Lévinas) la priorità dell’altro (il prossimo) contro l’impersonalità dell’essere heideggeriano.
Il prof. Rizzolatti, ospite del Festival della mente di Sarzana, ha pubblicato di recente, in collaborazione col filosofo della scienza Corrado Sinigaglia, il volume So quello che fai. Il cervello che agisce e i neuronispecchio (Raffaello Cortina Editore). In esso si racconta la storia di questa scoperta che, secondo il neuroscienziato statunitense Vilayanur Ramachandran è paragonabile “per la psicologia a quello che il Dna è stato per la biologia”. La loro esistenza mette in discussione i confini tradizionali, non solo scientifici ma filosofici, tra pensiero razionale e sfera emotiva, tra azione e percezione. Ma pongono anche al centro della riflessione scientifica la fisicità e la corporeità, in un’epoca in cui, tra dibattiti sulla fecondazione artificiale (o addirittura la clonazione) e revival della robotica, anche i problemi del nascere e dell’intelligenza sono spostati in una dimensione mitica che farebbe a meno dei corpi (e della sessuazione).
Abbiamo posto a Giacomo Rizzolati alcune domande.
Come spiega il successo della scoperta dei neuroni specchio, che (potrei raccontarle qualche aneddoto), appare oggi addirittura di moda, e viene citato anche da artisti e altre persone che di solito non si occupano di scienza?
“Credo che abbia avuto molto successo proprio perché questa scoperta “avvicina” anche alcune arti alla complessità scientifica. Essa ci in segna che il vedere e l’agire, la percezione e l’azione, sono mescolati. E, soprattutto, che il nostro corpo è presente dappertutto. Dall’idea di individuo come puro spirito che osserva si passa a una concezione in cui il corpo ha un ruolo fondamentale: noi siamo quello che siamo perché agiamo, perché abbiamo delle mani, perché abbiamo delle relazioni. Ecco perché anche l‘artista accoglie qualcosa di questa scoperta. Il teatro, ad esempio, da sempre ha molto a che fare con questo, perché l’attore ha a che fare soprattutto col corpo…”.
“La conoscenza è legata al corpo, e di questo noi diamo prove neurofisiologiche, scientifiche. Quando vedi qualcuno far qualcosa risuona nel tuo cervello qualcosa che spinge a fare gli stessi movimenti, entri in risonanza con quello che fanno gli altri,. Tutto questo rivaluta molto in effetti le filosofie di Husserl e di Merleau-Ponty, e non a caso infatti le nostre scoperte sono state inizialmente molto valutate in Francia, dove la tradizione filosofica sostiene questo pensiero”
In che modo i neuroni specchio modificano la nostra concezione della conoscenza e dell’apprendimento, e come interviene il problema dell’alterità?
“Noi abbiamo provato che abbiamo un meccanismo neuronale di base che ci permette di entrare in relazione con gli altri: accanto alla conoscenza razionale, intellettuale, c’è una conoscenza intima,diretta, di quello che uno fa; se un marziano interagisse con noi con strane contrazioni, noi non capiremmo cosa fa, perché non riconosciamo i suo gesti in una mappa esperienziale. Un esperimento fatto con le risonanze mostrava che se qualcuno fa certe azioni umane si attivano i neuroni specchio. Ma non si attivano viceversa se un cane abbaia, perché l’esperienza dell’abbaiare non rientra nel nostro patrimonio biologico e culturale. L’esperienza è parola chiave, e con l’esperienza si modifica il nostro patrimonio biologico.
“Un altro esperimento, a Londra, aveva accostato ballerini di danza classica e ballerini brasiliani di capoeira. Quando ballerini classici osservano danzare i classici si attiva di più il neurone rispetto all’osservazione dei ballerini di capoeira; e se un ballerino brasiliano vede danzare un ballerino maschio (per quanto gli uomini ballino con le donne e viceversa) la sua conoscenza dei gesti attiva in maggiore misura il neurone specchio.
“Questo significa dunque che l’alterità la mappo su me stesso, sul mio patrimonio motorio, e può accadere che essa interagisca con la mia coscienza e la modifichi, a differenza di un cane che abbaia che posso capire solo intellettualmente. L’empatia – parola che ha sfiorato e tuttora lambisce la questione dei neuroni specchio – avviene con ciò che è più vicino a noi. Tutto il resto, non meno importante, avviene come lavoro culturale”.
Il vostro lavoro ha anche il merito di ricollegare l’intelligenza (la conoscenza) alla realtà del corpo, contro l’attuale deriva che di astrazione in astrazione lo rimuove non si dà intelligenza privata di corpo, e mi è capitato di dire (la formula è di Giuseppe O. Longo) che “nemmeno la matematica esisterebbe senza il corpo di un matematico”…
“La formula molto felice ed efficace. Sì, se c’è un messaggio che vorrei lanciare riguarda proprio la corporeità, la difesa della corporeità e fisicità della conoscenza. Su un piano più ampio, questa scoperta dovrebbe contribuire a eliminare l’individualismo sfrenato del mondo contemporaneo, basato sulla rivendicazione ossessiva dell’“io” e nient’altro. M viene in mene che il marxismo tradizionale – quello di Marx e Engels, per intenderci – che io ricordo bene, aveva un forte senso della collettività, della comunità, che oggi è scomparso anche negli orizzonti e nel patrimonio culturale della sinistra. Il marxismo tradizionale, al contrario della nostra attuale civiltà, era legato alla realtà sociale e biologica”
Beppe Sebaste