Lo Zen e l’arte di pulire i pennelli

   L’ultima volta scrivevo a proposito della guerra che “un’altra politica è possibile”. Vorrei che queste parole fossero il filo delle prossime rubriche: pensare una ricostruzione dopo la denuncia, dopo la descrizione delle macerie dei legami e dei valori. Tra le mie piccole grandi esperienze di questi giorni c’è quella di un manufatto, la Rivista d’Artista (http://www.eosedizioni.it/) composta e fabbricata pazientemente a Roma da Piero Varroni, a cui ho avuto l’onore di essere invitato con un testo a fianco di artisti come Elmerindo Fiore, Andrea Aquilanti, Claudio Parmiggiani ecc. Ma l’evento è la rivista nel suo insieme: esce una volta l’anno, in un centinaio di copie, e la sua bellezza non occulta la manualità, il lento processo produttivo dietro l’immagine del prodotto finito, la materia di cui è fatta e il lavoro, tutt’uno col piacere, che la costituisce: agli antipodi delle merci fatte in fretta e per un consumo il più possibile veloce, per una fruizione senza godimento simile al consumo di droghe (e l’intrattenimento, che è il prodotto venduto da chi con esso è arrivato al governo, è del tutto equiparabile allo spaccio di droga). E’ un’utopia, nella nostra civiltà del neg-ozio, che innesta Marx tramite l’estetica alle pratiche spirituali, come l’insegnamento del maestro zen verso chi si stupisce che perda tempo a pulire i pennelli dopo averli usati, invece di comprarne di nuovi: il confronto non è tra il prezzo dei pennelli nuovi e quello, sul mercato, del tempo di lavoro, dice, ma con l’energia che ci vuole a fare i pennelli, e con quella ancora più grande per distruggerli e disperderli nell’ambiente in modo accettabile; ma più ancora è con la consapevolezza etica, per se stessi e con se stessi, del semplicemente lavare il pennello, in un’identificazione perfetta con ciò che si fa. Un’altra economia, come un’altra politica e bellezza, è possibile.
(rubrica “acchiappafantasmi”, l’Unità del 3 aprile 2011)

4 commenti

  1. uff, che fatica, e che strazio… Solo una cosa, ma seriamente: quando qualcuno, in un commento, ritiene di dover parlar male di qualcun altro (cosa già esecrabile: consiglio di mordersi la lingua 7 volte prima di farlo, come Palomar di Calvino), lo faccia come minimo firmando con nome e cognome. Ospitare i risentimenti altrui, e per di più anonimi, non è in nessun modo la vocazione di questo blog. E' abbastanza chiaro? (Mi basta un clic per elminarli)

  2. Certo, certo…
    Prova a frequentare per davvero (non quando fa comodo a te e a lui in situazioni di reciproco vantaggio) il grande maestro e vedrai come scoprirai l'ombra del pigmeo…

  3. le lascio volentieri, senza sentirmi minimamente coinvolto né partecipe, tutta la sua presunzione sia di “conoscere bene” la persona a cui mi riferisco, sia di sapere chi (e come) sia “davvero un maestro” (sia, che è forse ancora più impegnativo, di sapere in cosa consista “avere a cuore la vita delle persone”).

  4. Conosco bene il maestro zen 'che pulisce i pennelli' a cui ti riferisci se avesse a cuore la vita delle persone come dei suoi pennelli sarebbe davvero un maestro…
    Luigi

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