Il museo più piccolo del mondo, tra Parigi e le valli del Lazio

anna_caira
Anna Caira, modella dell’Académie Vitti, di cui a Atina (Ciociaria) sorge il museo alla memoria

Ascoli Piceno non esiste, scrisse Giorgio Manganelli. Pensavo la stessa cosa di Frosinone e della Ciociaria. Il fatto che il primo testo in italiano che si studia a scuola, il Placito Cassinese (“Sao ko kelle terre…”) fosse stato scritto prima dell’anno 1000 nell’abbazia di Montecassino, non costituiva ancora una prova. Né il fatto che fossero ciociari Cicerone e Giovenale, Tommaso d’Aquino e una sfilza di papi, l’umanista Aldo Manuzio, il compositore premio Oscar Ennio Morricone e lo scrittore Tommaso Landolfi, per non dire quelli del cinema, da Marcello Mastroianni a Vittorio De Sica. Fu proprio quest’ultimo, col film La Ciociara (1960) tratto dal romanzo di Moravia, a fare di quella terra il cliché di un’Italia rurale e primitiva.

Posso dire che ho perfino amici ciociari (i poeti Sergio Zuccaro e Elmerindo Fiore, ad esempio), dai quali ho appreso per esempio che Cesare Zavattini frequentò il liceo a Alatri, che lo scrittore visionario Giuseppe Bonaviri era medico a Frosinone, e che Stefano D’Arrigo scrisse gran parte di Horcynus Orca sugli altipiani di Arcinazzo. Poi ho saputo che perfino il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein si trovava nel 1916 in un campo di prigionia tra Cassino e Caira, da dove scrisse e spedì parti del celebre Tractatus all’amico Bertrand Russell.

Ed ecco che, seduto di fianco a un albero di cachi in una frazione di Atina, nel cuore della Val di Comino, provincia di Frosinone, sono davanti a un piccolo, singolare museo, del mondo, quello dell’Académie Vitti, già sita al 49 di Bld. Montparnasse. Il nesso tra la Ciociaria e la sensuale Parigi delle avanguardie d’inizio Novecento, con pittori come Gauguin e Picasso, addirittura con Rainer Maria Rilke e James Joyce, sta per essermi svelato.

Scuola di pittura attiva a Parigi dal 1889 al 1914, aperta alle donne e per questo vivamente consigliata da Picasso alle aspiranti artiste, l’Académie Vitti fu fondata dalle sorelle Caira – Giacinta, Anna e Maria – emigrate a Parigi dalla Val Comino per fare le modelle.

Maria sposò l’ex modello Cesare Vitti, uomo possente di cui si diceva fosse capace negli spettacoli circensi di fermare un toro con le mani tenendolo per le corna, ma abbastanza delicato da diventare scultore: suo è il busto di Silvia Beach adolescente, la futura editrice di James Joyce e di D. H. Lawrence, proprietaria della mitica Shakespeare & C., esposto al Salon del 1905. Il padre di lei, il pastore protestante Sylvester W. Beach, affittava spesso parte dell’Académie Vitti per tenere lì i suoi sermoni.

Sintesi del cosmopolitismo ciociaro, l’Académie Vitti insegna che la Ciociaria fu a lungo terra di esportazione di modelle e modelli che popolarono a Parigi (ma anche a Londra) gli atelier degli artisti, contribuendo alla trasmissione internazionale di un canone di bellezza mediterranea. I floridi corpi delle donne e quelli robusti degli uomini influenzarono gusti e tendenze estetiche anche più delle attuali mannequin e top model legate all’industria della moda. Ne era consapevole D. H. Lawrence, che compose The Lost Girl (La ragazza perduta) mentre era ospite in Ciociaria di Orazio Cervi, modello italiano che il celebre scrittore aveva conosciuto da un amico scultore in Inghilterra (che anche l’amante di Lady Chatterley fosse ciociaro?).

Il costume ciociaro diventò il “costume italiano” per antonomasia. Sono ciociare e ciociari L’italienne di Van Gogh, Les trois soeurs e Carmelina di Matisse, il Ragazzo dal panciotto rosso di Cézanne, la Dama in blu di Corot, e la famosissima Semeuse di Oscar Roty, riprodotta sulle monete e sui francobolli francesi, e ancora oggi sugli euro. L’adolescente immortalato al centro della fontana di Piccadilly Circus nei panni di Eros era ciociaro, come il ragazzo che posò per la scultura di Peter Pan nei giardini di Kensington a Londra. Ciociari sono i modelli dell’ultima versione de Il Bacio di Rodin e del suo San Giovanni Battista.

È in questo clima che nacque nel 1889 l’Académie Vitti. Ebbe diversi maestri di varie nazionalità: Jacques Émile Blanche, ritrattista di Proust, Frederick William MacMonnies, Raphaël Collin, Luc-Olivier Merson, Paul Gauguin (che in una lettera del 1894 si firma Artiste peintre et professeur de l’Académie Vitti), Anglada Camarasa e Kees van Dongen. quest’ultimo incoraggiava le allieve a seguire i princìpi del movimento fauve. Molte di loro diventeranno artiste note e, tra esse, la russa Vera Chlebnikova, sorella del grande poeta futurista Velimir Chlebnikov.

museo-vitti-specchio
La specchiera di Rilke

L’Académie Vitti non era solo una scuola di pittura aperta alle donne, ma era loro permesso di esercitarsi con modelli integralmente nudi. Anche per questo nei suoi venticinque anni d’attività divenne meta prediletta di aspiranti pittrici e scultrici dagli Stati Uniti, signorine di più aperte vedute e cultura per lo più protestante. Il lavoro della modella è per sua natura ambiguo, ma che un luogo come l’Académie Vitti potesse equivalere, allo sguardo moralista e benpensante, a un bordello, lo impararono sulla loro pelle le sorelle Caira al loro ritorno in patria.

Rientrarono per paura, subito dopo lo scoppio delle Grande Guerra. Le sorelle Caira vennero emarginate e ripudiate dai loro compaesani. Al fiume dove si lavavano i panni potevano andare solo dopo tutte le altre donne. Erano tornate nella casa da cui erano partite, la stessa che ho davanti, dove si trova il museo più piccolo del mondo. Un loro audace e appassionato discendente, il trentenne Cesare Erario (le sorelle Caira erano le zie di suo nonno), ha rinunciato a parte dell’abitazione per difenderne e valorizzarne la memoria. Ha salvato i materiali superstiti dell’Académie, centinaia di disegni, schizzi di nudo eseguiti da allievi e maestri, fotografie di modelli in costume, quadri, cartoline, immagini della vita delle scuole di pittura attive a Parigi in quegli anni, e fornendo dati preziosi sull’emigrazione in Ciociaria.

Ci sono mobili appartenuti all’Académie che, per la loro storia, ci fanno sognare. Sullo sfondo di un divano rosso, scorgo il mio riflesso in una grande specchiera appartenuta al poeta Rainer Maria Rilke, frequentatore della scuola (in una lettera all’amica Paula Modersohn-Becker, allieva all’Académie Vitti, chiede di vendere le poltrone e il grande specchio che aveva lasciato in custodia a Madame Vitti). Per chi volesse approfondirne la conoscenza, nel 2015 Cesare Erario e Eugenio M. Beranger hanno pubblicato il volume Académie Vitti, 49 boulevard du Montparnasse – Paris (1889-1914), ricchissimo di aneddoti e di storie.

 

l’articolo è uscito il 4 gennaio su l’Unità:

museo-vitti-su-lunita