Scusate il ritardo. E la prolungata assenza. In realtà ci sono, sono qui dietro, come voi. Sto solo facendo altre cose. Ma so che non si dovrebbe trascurare un blog – se no poi si rimane soli. Ma poi, chi l’ha detto? I commenti vanno avanti comunque, si interagisce (anche per e-mail). Il fatto è che sono sommerso dalle parole, da altre parole di altri contenutori – un libro da chiudere e consegnare. Quello delle panchine. Ed è già un bel paradosso, scrivere sulla libertà del tempo delle panchine (provo una nostalgia fisica per quel tempo buttato felicemente qui e là, in un bar o in una panchina, anni fa: ma dove è andato a finire oggi il tempo?) e non averne da sprecare. Perché solo il tempo che si spreca è tempo vero, e ovviamente sprecare non è mai la parola giusta (questo lo si capisce sempre “dopo”). Comunque, una segnalazione, che contraddice la lentezza in nome di una velocità: il libro di “storie minime”, anzi Racconti per ascensore, di Marco Petrella, disegnatore dell’Unità (autore di recensioni a fumetti), edito da Mattioli 1885, ottimo per i regali di stagione (mentre il sito di Petrella lo trovate da sempre linkato nella pagina apposita del mio sito). Tra gli autori delle storie (senz’altro il peggiore), anche il sottoscritto.
8 commenti
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marino, grazie. a presto allora. beppe.
Non vivo ad amsterdam, Beppe.>Vivo ad IJmuiden, all’imboccatura del canale che dal Noord Zee porta ad Amsterdam e le panchine di >IJmuiden sembrano tener conto di questo fatto, sono panchine che guardano quel passaggio, barconi piatti e carghi di ogni genere e battelli di turisti, sono panchine che hanno vita corta perché quasi tutte fatte in legno e il salino e il respiro acido dell’acciaieria di là del canale e la pioggia quotidiana, fine, persistente, finiscono per logorarle prima del previsto. >A questa brevità sembrano destinate anche le pause di chi si siede, il vento e tutto il resto invitano ad andarsene in fretta, la caducità stessa, legnosa, delle panchine, da un’impressione di provvisorietà, ma anche di esclusività al gesto. Come dire? Quella panchina appartiene solo a una persona, e quando ti risiedi, se il comune non l’ha cambiata perché fatiscente, sei comunque >sempre tu ad essere un altro.>Sulle panchine di Amsterdam, spero >un giorno di sedermici con te, >quando mi daranno l’opportunità>di invitarti.>Marino
ciao marino, grazie delle tue visite. mi mandi una descrizione delle panchine di amsterdam?
ciao, caro Beppe, sono contento di ritrovarti.>marino
(è buffo, a leggere i commenti sembriamo tutti membri della famiglia “said”)
cara simona, certo che ti aspetto. le panchine sono fatte per quello… (devo chiudere il libro subito dopo natale). grazie. un bacio e a presto (il tuo libro “sulla strada” mi è piaciuto molto, ne parleremo, e mi è piaciuto come ne ha scritto stefania sull’Unità),>beppe
mi aspetti? ti sto preparando tre panchine…nei prossimi giorni cerco di mandrtele…>un bacio>>simona vinci